Quando arrivi da San Valentino, ormai nei pressi di Caramanico, il Morrone della Majella che fino a poco prima era un profilo lontano,
si manifesta quasi all’improvviso, molto più imponente di quanto non sia in realtà, un muro, una lunga dorsale boscosa, rocciosa sulla
cresta e davvero ripidissima. Salendo verso il passo di San Leonardo i profili poi cambiano, si attenuano, diventano più dolci e allungati,
ed è evidente come la parte più ripida della montagna sia proprio quella esposta verso Nord e verso le gole che forma il fiume Pescara.
Si raggiunge il piccolo borgo di Roccacaramanico, il borgo è piccolo, ci si entra e dopo la prima inevitabile curva a destra si svolta
immediatamente di nuovo a destra, il centro del borgo è vietato alle auto, si prosegue sulla stradina che presto si fa brecciata per un chilometro
circa fino a raggiungere l’anonima chiesetta del cimitero dove si parcheggia. Si seguono le indicazioni del sentiero Q7, si sfiora la chiesetta,
dopo pochi metri si tralascia la traccia sulla sinistra (Q6) dalla quale invece torneremo e virando verso destra si inizia a costeggiare la montagna
in piano e per circa un paio di chilometri; dentro e fuori da una bassa vegetazione con ampi momenti dove l’orizzonte si allunga fino a Caramanico,
fino alla piana del Pescara e al mare e fino alle prime dorsali della catena del Gran Sasso col monte Cappucciata. Dopo circa 40 min. dalla partenza
si incrocia il sentiero S (evidente palina), a sinistra una evidente traccia, dentro una fitta macchia proviene da Caramanico, traversa letteralmente
il sentiero Q7 e inizia ad inerpicarsi sul versante opposto; si abbandona qui il Q7 e si prende in salita il sentiero S, una irta salita ai lati della
rava del Confine che non da tregua per una cinquantina di minuti, nel bosco la traccia a tratti si perde, anche perché quando si sfiora la rava
(boscosa) molti sono gli alberi caduti che impongono piccole deviazioni, non sono molte le bandierine sugli alberi ma sufficienti per non perdersi.
Quota 1500 circa la traccia inizia ad appianarsi, il bosco anche a diradarsi e lasciare spazio a radure che lentamente si allargano fino a confondersi
con le praterie che continuano fino alla dorsale, il bosco lascia spazio al profilo della Majella che d’ora in poi sarà l’orizzonte Est, imperioso e
monumentale nella sua sfilata di cime e rave. La traccia, tra l’erba arsa e alta scorre incassata, lenti traversi e qualche momento più ripida, supera
pochi affioramenti rocciosi fino a raggiungere la dorsale, scavallarla ed entrare nel catino carsico dove sorge lo Iaccio della Madonna (+2 ore), uno
stazzo rifugio di guardia a questo isolato piccolo altopiano. Il sentiero non segue la dorsale rocciosa, scende ed entra all’interno della piana,
sfiora lo stazzo fino ad una palina poco lontano che indica la direzione per continuare sul sentiero S per la Badia Morronese. Si sale per linee
logiche e comunque seguendo i segnavia, in questo tratto frequenti, fino a recuperare quota e per via di traversi con minore pendenza si raggiungono
gli altopiani sommitali dove gli orizzonti si aprono sul versante opposto verso le montagne del parco e più a Nord verso il Gran Sasso; ci stava
aspettando un vento freddo e teso che ci ha costretto a rinforzare l’abbigliamento. Il sentiero continua verso l’altopiano traversando la montagna,
una palina da i tempi per la Badia Morronese e tralascia completamente la cima del Morrone che si trova o dovrebbe trovarsi alla nostra sinistra sopra
o oltre il ripido versante erboso; il vento porta dei campanacci lontani, qualche folata più forte li avvicina ma non c’è ombra di animali intorno.
Saliamo senza traccia con ampi tornanti per attenuare la salita fino a superare quella che sembra una cima e trovarsi davanti una radura pianeggiante
dove alpeggia una sparuta ed esigua mandria di mucche e lontano a circa trecento metri e poco più in alto l’impalcatura rocciosa dove si erge la piccola
croce di vetta. Mentre la raggiungiamo un altro gruppo di escursionisti la supera, scendono, stanno facendo evidentemente lo stesso anello ma in direzione
contraria. In vetta (+1.15 ore) il vento sferza terribilmente, è pungente, freddo, siamo costretti a scendere un po’ il versante ad Est per ripararci dietro
un roccione sporgente; in faccia alla Majella, alla piana del Pescara e all’orizzonte azzurro del mare, approfittiamo per mangiare qualcosa prima di risalire
in vetta e riprendere la via del ritorno. Qualche foto sotto la croce, un po’ sofferte e frettolose per via del vento e ci volgiamo verso Sud dove è molto
evidente la traccia che taglia tra le due Mucchie; la discesa è prevalentemente lungo la dorsale, quando si abbassa rispetto alla linea di cresta anche il vento
si attenua, soffia alle spalle, è già meno fastidioso. Sulla sinistra lontane ci fanno compagnia le rave della Majella, le cime più alte ogni tanto vengono
incappucciate dalle nuvole, davanti abbiamo la cima della Mucchia di Pacentro, poco dietro il monte Le Mucchia, nel mezzo intuiamo scivolare il sentiero; a
dire la verità siamo indecisi se salire queste cime, ci sono bastate le frustate del vento in cima al Morrone e fino alla fine rimarremo incerti sul da farsi.
Quando raggiungiamo la sella in fondo alla dorsale che scende dal Morrone incrociamo il sentiero che a destra scende verso la piana di Sulmona, riprende
ovviamente a soffiare il vento e ci convince a rinunciare alle due salite; traversiamo sotto la Mucchia di Pacentro, sulla sinistra si apre il piccolo
altopiano dello Iaccio della Madonna, il rifugio in fondo, dalla parte opposta, quasi sotto di noi il piccolo tondo laghetto della Madonna. Il sole che ogni
tanto sbuca tra le nuvole muta continuamente l’ambiente, il lungo e stretto catino carsico incastrato sotto il Morrone è già bello di suo, la luce lo riempie di
ombre mutevoli, lo spegne e lo accende di quel giallo che tende all’ocra tipico della stagione di mezzo tra l’autunno e l’inverno, contribuisce a dargli un
fascino fuori dal tempo, l’orizzonte, quella sottile linea azzurra del mare giù in fondo, e le nuvole bianche che tagliano il cielo creano la cornice di questa
bella fotografia; un bel posto davvero. Sfiliamo nel mezzo delle due Mucchie, se non fosse per tre escursionisti che incontriamo sarebbe un momento di totale
isolamento; scavalliamo un’ulteriore sella, entriamo dentro la testata del Vallone, molto ampio e sinuoso contornato dal linee morbide, qualche centinaio di
metri più giù, prima del rifugio Capoposto, quando prende a sinistra verso valle diventa stretto e ripido; la traccia in leggera costante discesa è comoda, con
i profili della Majella fino al Porrara di fronte e quello del Mileto a due passi, ci lasciamo accogliere dall’abbraccio totale della montagna, davvero un
piacevole momento in un ambiente solitario che supera molto le aspettative che ci avevamo riposto.
Superiamo l’imbocco del Vallone quando si incunea verso valle, gli scivoliamo lontani e più alti, dopo qualche centinaio di metri di prateria affiora dal
tappeto erboso il comignolo e poi il tetto del rifugio Capoposto, una struttura semplice ma pulita e funzionale, sia all’interno arredato del necessario e
all’esterno dove due tavoli accolgono già diversi escursionisti assorti in una piacevole, calda sosta mangereccia. Ne approfittiamo anche noi per una sosta
di un quarto d’ora; posto ameno, una piccola piana tra il Mileto ed il Vallone che sale alle Mucchie, con vista Majella e nel bel mezzo di un prato fitto fitto
di orapi. Molto frequentato a dire il vero, nel poco tempo che siamo rimasti diversi sono stati gli arrivi e non sempre di escursionisti, mi pare di capire sia
meta frequentata per pic-nic di famiglie, d’altra parte non è poi così lontano da Roccacaramanico. Si è trattato di un momento di riposo, di relax e ne abbiamo
approfittato per mangiare e socializzare, ed in tempi di Covid non è poi così male; forse ci siamo fermati anche più del voluto ma si stava bene in quella quiete
assoluta baciata da sole. E’ quasi un peccato ripartire ma l’ora si è fatta; dal rifugio partono due sentieri verso Sud, il Q4 sulla destra sale verso il monte
Mileto, sulla sinistra viaggia in piano la traccia del Q3, più avanti si riuniranno per convergere su Pacentro, ci teniamo sul Q3 per meno di mezzo chilometro
fino ad incontrare sulla sinistra un’esile traccia che scende nel bosco, è davvero esile per cui occorre fare attenzione e contare sulla palina segnaletica in
corrispondenza dell’incrocio. Prendiamo a scendere dentro un bellissimo bosco la ripida traccia di raccordo tra il Q3 ed il Q6 che raggiungiamo velocemente (+ 50 min);
il Q6 viene da Passo San Leonardo e costeggiando il profilo della montagna prevalentemente in piano in poco più di 1 chilometro raggiunge Roccacaramanico; nel mezzo
passaggi dentro e fuori rade boscaglie, un passaggio su una recente traccia ricostruita su un tratto di costone franato e imperiose viste sui profili, sulle rave
della Majella e sulla valle che si va alzando lentamente verso il passo.
Chiudiamo l’anello nei pressi della chiesetta del cimitero (+30 min.), sotto un cielo tornato turchino, con le rave della montagna madre che fanno da sfondo
al campanile del borgo; al parcheggio ci confondiamo con gruppi di persone che escono chiaramente da un divertente pranzo domenicale, nessuno è meglio di
altri ma ci sentiamo fortunati ad esserci regalati una giornata come quella di oggi fatta di estenuanti salite, di orizzonti vasti dalla vetta, di variabilità
del meteo, di un vento che ci ha sbattuto e fatto congelare le mani, di isolamento ed infine del tepore del sole e della pace del rifugio Capoposto che ci ha
regalato un momento in cui le lancette del tempo si sono fermate. Nelle nostre sei ore di oggi abbiamo raccolto molto di più di quello che speravamo, ogni
chilometro dei 17 percorsi è stato magnifico. Il desiderio di Majella continua a crescere prepotentemente.